Muoversi 2 2023
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LA VARIABILE DEMOGRAFICA DIMENTICATA DALLA POLITICA INTERNAZIONALE

LA VARIABILE DEMOGRAFICA DIMENTICATA DALLA POLITICA INTERNAZIONALE

intervista a Massimo Livi Bacci di Roberto Roscani

Massimo Livi Bacci

Demografo, Accademia dei Lincei

Gli andamenti demografici sono una delle varianti che impattano sul futuro del pianeta anche da un punto di vista dei consumi energetici e dei cambiamenti climatici. A Massimo Livi Bacci, apprezzatissimo studioso italiano di demografia, abbiamo chiesto di illustrare quali sono le tendenze che dobbiamo attenderci.

L’Onu dice che siamo ormai 8 miliardi sula terra: cresceremo ancora e in che misura?

All’incirca due secoli fa, all’inizio della Rivoluzione Industriale, la popolazione del mondo toccò il miliardo di abitanti, che divennero due dopo la Prima Guerra Mondiale, quattro negli anni degli sbarchi sulla luna, e otto alla fine dello scorso anno. Per fortuna la corsa è andata rallentando, un nuovo raddoppio non è alle viste e, secondo le ultime proiezioni delle Nazioni Unite, la popolazione del pianeta potrebbe stabilizzarsi negli ultimi tre decenni del secolo sfiorando i dieci miliardi e mezzo. Due miliardi e mezzo in più rispetto a oggi – quanto la crescita accumulata nell’ultimo trentennio – che nel prossimo mezzo secolo dovranno nutrirsi, vestirsi, trovare alloggio, consumare energia per riscaldarsi, cucinare, lavorare e produrre, senza cadere in povertà.

Si va dunque dalla stazionarietà della Cina, all’alta velocità della Nigeria, la cui popolazione, se non rallentasse il passo, si troverebbe raddoppiata in meno di trent’anni

La velocità della crescita della popolazione mondiale aveva raggiunto il culmine del 2% negli anni ’60 del secolo scorso, per scendere gradualmente sotto l’1% negli ultimi anni. Tuttavia, i paesi e le regioni del Mondo non viaggiano allo stesso passo, per cui il tasso di crescita attuale è una media di situazioni molto diverse e dipende dalla fase del processo di transizione demografica nel quale essi si trovano. Per comprendere meglio consideriamo i 6 paesi più popolosi del mondo (che insieme valgono il 40% della popolazione del pianeta) e osserviamo i loro tassi di crescita attuali (2022) secondo le valutazioni delle Nazioni Unite: nell’ordine: 0% per la Cina, 0,5% per gli Stati Uniti, 0,6% per l’Indonesia, 0,7% per l’India, 2% per il Pakistan e 2,4% per la Nigeria e – per confronto – 0,9% per il Mondo intero. Si va dunque dalla stazionarietà della Cina, all’alta velocità della Nigeria, la cui popolazione, se non rallentasse il passo, si troverebbe raddoppiata in meno di trent’anni.

La crescita della popolazione nel corso del tempo è stata particolarmente ineguale nei diversi strati sociali e nelle diverse aree del mondo. Quale fenomeno sta avvenendo ora e come può incidere sui futuri equilibri socio-economici?

La geodemografia del Mondo è profondamente cambiata nel corso del tempo e continuerà a cambiare rapidamente nei prossimi decenni. Tra il 1950 e il 2050 – possiamo considerare assai attendibili le proiezioni fino alla metà del secolo – il cambiamento è strabiliante. Nel 1950 due abitanti su tre vivevano nei paesi che le Nazioni Unite definiscono “in via di sviluppo”, nel 2050 saranno sette su otto; nel 1950 l’Europa conteneva il 22% della popolazione mondiale, l’Africa sub-sahariana il 7%, nel 2050 le proporzioni saranno invertite, 7% l’Europa e 22% l’Africa sub-sahariana. Guardando alle prospettive del prossimo (abbondante) quarto di secolo (2023-2050), va messa in rilievo la dinamica dei grandi “competitori” mondiali. Per gli Stati Uniti si prospetta ancora un periodo di crescita sostenuta fino alla metà del secolo (+11%), per la Russia un declino (-8%). Si tratta di variazioni importanti, ma non rivoluzionarie, anche se incideranno sui processi d’invecchiamento, sulla produttività e su altri aspetti sociali. Tuttavia, la Russia vive una sorta di duplice affanno demografico: il primo, è dovuto alla grave usura della guerra in Ucraina e agli estesi reclutamenti (2022 e 2023) richiesti da una guerra di attrito; il secondo, che risale all’epoca di Pietro il Grande, riguarda la necessità di popolare e presidiare il suo amplissimo territorio. Il divario riguarda anche i due grandi serbatoi umani, Cina e India: la prima su un binario discendente (-8%), la seconda ancora in robusta ascesa (+18%).

Fino a che punto e in che modo queste tendenze possono influenzare i flussi migratori?

Nei paesi dell’Europa meridionale e mediterranea i giovani-adulti diminuiranno di un quarto tra oggi e la metà del secolo, mentre nei paesi del Nord Africa aumenteranno del 46%. Nessuno può dire in che misura questo sbilancio potrà essere attenuato dalla migrazione sud-nord

Va premesso che alle dinamiche dei flussi concorrono una pluralità di fattori, di natura oltre che demografica anche politica ed economica, per le disuguaglianze tra paesi e l’incidenza della povertà. Si consideri la fascia della popolazione giovane-adulta, che è il motore dello sviluppo di ogni società, per la più alta produttività, la capacità di innovazione, la maggiore mobilità; età nelle quali si mette su famiglia e si fanno figli, si prendono le decisioni di vita; età dalle quali proviene la grande maggioranza dei migranti. Per fare un esempio vicino a noi: nei paesi dell’Europa meridionale e mediterranea i giovani-adulti diminuiranno di un quarto tra oggi e la metà del secolo, mentre nei paesi del Nord Africa aumenteranno del 46%. Nessuno può dire in che misura questo sbilancio potrà essere attenuato dalla migrazione sud-nord, ma sicuramente la pressione continuerà ad essere elevata.

Crescita e decrescita convivono nel mondo. Per l’Europa e il Nord America (e per l’Italia la tendenza è ancora maggiore) il dato più rilevante è quello dell’invecchiamento. Reggeranno e quanto i meccanismi di welfare che conosciamo oggi?

Tra oggi e la metà del secolo e ovunque nel mondo, la quota di persone molto in là con gli anni avrà una ulteriore forte crescita, in conseguenza dei progressi della sopravvivenza e della minore natalità. Nel nord del Mondo, ma anche in Cina, Corea e Giappone, i sistemi di welfare sono sotto crescente stress e devono definire nuove regole – l’aumento dell’età pensionabile non è il solo rimedio. Occorrono azioni e investimenti che rendano progressivamente più capace, in salute, autonoma e produttiva la popolazione anziana. Con l’ausilio di domotica, robotica, digitalizzazione, pianificazione urbana, mobilità agevole si può ottenere che la popolazione molto anziana e fragile possa essere ben sostenuta, e che la popolazione “in là con gli anni” possa essere attiva e, se possibile, produttiva.

Analizzando le diverse componenti che hanno prodotto nel tempo quell’impronta carbonica che è all’origine dei mutamenti climatici, quanto incide la componente demografica? Quali possono essere politiche di mitigazione e adattamento in grado di dare un contributo?

Essenzialmente in due modi: più popolazione significa, evidentemente, più consumi (per nutrirsi, vestirsi, alloggiare, riscaldarsi, lavorare, muoversi), più produzione, maggiori emissioni di gas serra. È stato stimato dall’IPCC che la crescita demografica (al netto di altri fattori) ha contribuito a generare una quota di circa un terzo dell’aumento dei gas serra negli ultimi decenni. La crescita demografica, inoltre, si determina quasi esclusivamente in paesi poveri: l’uscita dalla povertà implica un forte consumo di energia e di materie prime non rinnovabili, e quindi contribuisce fortemente alla generazione di gas serra. Se guadagno un dollaro in più, e sono povero, lo utilizzo per comprare più cibo per nutrirmi, o più carburante per muovermi, o più utensili per lavorare. Se sono ricco, col dollaro (metaforico) in più posso comprare musica, un taglio di capelli, il biglietto per un museo….tutte attività poco
inquinanti.

Per quanto riguarda le politiche di mitigazione, è dagli scienziati che attendiamo soluzioni. Per quelle di adattamento, c’è una pluralità diversissima di azioni possibili: un cambiamento dei modelli di consumo (mangiare meno carne, ad esempio), una diversa urbanizzazione (evitare che le grandi città siano voraci consumatrici di energia e produttrici di rifiuti), una mobilità più razionale (più trasporto pubblico), per citarne alcune.

L’uomo nel corso della sua storia sulla Terra ha saputo adattarsi a tutte le condizioni, anche le più difficili. Ne sarebbe ancora capace?

La mia risposta è sì. Ma io sono un ottimista, anche se il mio ottimismo è messo a dura prova.

Perché?

Sicuramente adeguate politiche sociali potrebbero sostenere la riduzione della natalità e della crescita nel continente subsahariano, come già è avvenuto in Asia o in America Latina. Sono invece pessimista per quanto riguarda la possibilità di governare le migrazioni, un mare in tempesta per i contrasti d’interesse tra Paesi e la debolezza delle Istituzioni internazionali. E per la crescente massa di persone vittime di migrazioni forzate indotte da guerre, conflitti, persecuzioni e discriminazioni. Solo la Grande Politica Internazionale può mettere ordine.
Ma questa, dov’è?